
Chiudi gli occhi.
Senti l’odore dell’erba, il vento che arriva dal mare, le urla dei compagni in panchina, la voce roca di un mister che ha più chilometri in gola che scarpe consumate.
Adesso aprili. Sei in Sicilia. Sei dentro il Torneo delle Regioni.
E non è più solo una partita: è vita che corre su un pallone.
Un’isola intera che batte a ritmo di passione. Qui, ogni campo è una scena. Ogni partita, una storia.
Siamo alla 61ª edizione di questo rito sportivo italiano, e la Sicilia — madre accogliente e fiera — ha trasformato le sue città in teatri di emozioni.
Da Terrasini a Messina, da Taormina a Viagrande: dieci campi, dieci cuori pulsanti. Ogni giorno si gioca, si sogna, si cade e si riparte.
E no, qui non c’è spazio per chi gioca per caso. Qui si scende in campo per la propria terra.
Sicilia padrona di casa, ma soprattutto padrona del cuore.
La Sicilia ha acceso il motore col botto: quattro vittorie su quattro all’esordio, un biglietto da visita con firma d'autore.
Alla seconda giornata non ha fatto un passo indietro, ma un passo vero: due pareggi che sanno di battaglia e due vittorie che profumano di futuro.
Occhio alla Femminile, già qualificata con l’entusiasmo di chi non ha intenzione di fermarsi.
Occhio alla Juniores di mister Giuseppe Russo, che colpo dopo colpo costruisce un sogno.
Occhio ai ragazzi dell’U15 e U17: non sarà facile, ma lottano come se avessero qualcosa da difendere. Perché ce l’hanno. Hanno la Sicilia sul petto.
I gironi si stringono, il tempo anche. Ma i sogni si allargano.
Under 15. Equilibrio quasi perfetto. Lombardia, Liguria, Piemonte… le grandi ci sono, ma niente è scritto.
Under 17. Qualcuno ha già prenotato i quarti. Lazio spettacolare, Veneto solido, Friuli devastante. Ma anche qui: mai dare nulla per scontato.
Under 19. Ogni gol è un colpo di scena. Sicilia e Lombardia spingono forte, Friuli e Trento sorprendono, il Piemonte c’è. E intanto si segnano gol che sembrano urla liberatorie.
E poi il calcio femminile, che qui brilla di luce propria. La Lombardia travolge, la Sicilia convince, e altrove si lotta fino all’ultimo minuto. C’è chi si abbraccia dopo un rigore parato. C’è chi piange dopo un 2-2 che non basta. Ma tutte, tutte, meritano applausi.
Dietro ogni nome, una storia. Davanti a ogni storia, un’emozione.
C’è un portiere che para un rigore e non sa se esultare o piangere.
C’è una ragazza che ha fatto 18 ore di pullman per giocare 20 minuti e li gioca come se fossero gli ultimi della sua vita.
C’è un attaccante che segna al 93’ e corre sotto la tribuna cercando con gli occhi il padre, per dirgli: "Hai visto? Ce l’ho fatta".
Ecco cos’è il Torneo delle Regioni: una macchina del tempo, un acceleratore di emozioni, un amplificatore di tutto quello che il calcio dovrebbe essere e spesso si dimentica di essere.
Verso la terza giornata: dentro o fuori, ma sempre a testa alta.
I gironi sono lì, sul filo. Le classifiche parlano chiaro, ma il cuore — quello — parla ancora più forte.
La terza giornata sarà senza filtro: ci sarà chi andrà avanti e chi si fermerà. Ma nessuno, nessuno, tornerà a casa a mani vuote. Perché ogni minuto giocato qui vale un’estate intera di allenamenti, rinunce, sogni a occhi aperti.
Questo non è calcio. Questo è il calcio che ci siamo dimenticati di amare
Nessuna superstar.
Nessun procuratore in giacca e cravatta.
Solo scarpe sporche, ginocchia sbucciate, maglie sudate e occhi che brillano.
In questo torneo, non conta se vinci o perdi. Conta come giochi. Conta per chi giochi.
E qui si gioca per i compagni, per i mister, per la Regione. Per la famiglia. Per chi ti ha sempre detto: “Ce la puoi fare.” Per chi non c’è più, ma avrebbe fatto carte false per vederti lì.
Dove ogni passaggio è un gesto d’amore. Dove ogni partita è un capitolo di un romanzo sportivo scritto col cuore. Dove il calcio è ancora vero. E bellissimo.