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Avvocato, dirigente e adesso procuratore: lo strano percorso di Carmelo Munzone

18-01-2025 06:00

Alessandro Fragalà

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Avvocato, dirigente e adesso procuratore: lo strano percorso di Carmelo Munzone

Ex dirigente del Calcio Catania con la Siti adesso lavora in una società di procuratori calcistici

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Da avvocato a procuratore sportivo, passando per il ruolo di dirigente sportivo. E’ il percorso che ha fatto il catanese Carmelo Munzone, legale che ha fatto parte della dirigenza del Calcio Catania negli anni targati Sigi. Un’esperienza evidentemente fondamentale per la sue carriera, se è vero che da quel momento non ha più abbandonato il mondo del pallone.

 

Dopo l’esperienza con il Catania non ha più lasciato il mondo del calcio. Da consulente legale a procuratore il passo non è brevissimo. Ci racconta questo percorso?

 

“Dopo l'esperienza con il Catania, che ritengo sia stata un'esperienza professionale di grande rilievo per via delle difficoltà che tutti conosciamo, non ho lasciato il mondo del calcio per almeno un paio di motivi. Il primo è la passione per questo sport. La seconda è che nel frattempo si sono stretti ottimi rapporti con alcuni professionisti del settore. Tra i tanti, c'è stato un ottimo feeling professionale con Giovanni Tateo e Valeriano Narciso e con la loro società di Soccer Management GiòSport”. 

 

Tutto questo a cosa ha portato?

 

“E’ nata una collaborazione importante con questa società che negli ultimi anni ha ricevuto riconoscimenti nazionali come per esempio quello di miglior società di Soccer Management di B, ma anche come migliore della Serie C. Senza dimenticare riconoscimenti personali a giocatori che questa società assiste”. 

 

Ci fa qualche esempio?

 

“Cito solo Patierno, Partipilo, Volpicelli, Rosaia che ha giocato e lasciato un ottimo ricordo a Catania. Ma anche Domenico Franco e Fumagalli”.

 

Tutti giocatori molto conosciuti, soprattutto in Serie C. Ma come si diventa procuratore sportivo?

 

“Per diventare procuratore sportivo esiste un percorso professionale che ti abilità alla professione con l'iscrizione in un apposito albo. Ma esistono anche delle forme di collaborazione come quella che ho io con la GiòSport. Io, infatti, sono abilitato alla professione di avvocato e pertanto ho sviluppato interesse e professionalità per questo tipo di attività ed in particolare nelle attività ad essa collegate, sia in termini di rappresentanza sia in termini di consulenza”.

 

Ci sono molti dirigenti calcistici che della categoria dei procuratori non hanno una grande opinione, qualcuno ha anche detto che sono il male del calcio, come difendiamo la categoria?

 

“Ho sentito parlare spesso di questa attività come di una professione che arrecherebbe danni al mondo calcistico. Questo però dipende come al solito dai punti di vista. Perché da una parte c'è da portare avanti gli interessi di un assistito, dall'altra ci sono le società di calcio che richiedono le prestazioni di professionisti che in quanto tali agiscono in un libero mercato a tutela dei lori interessi”. 

 

In sostanza il totale superamento di quello che definiamo il “calcio romantico”?

 

“No, perché non è sempre così. Spesso i rapporti personali fanno superare molti ostacoli anche economici. La riprova, e lo posso dire con cognizione di causa, è stata l'esperienza al Catania. In quegli anni, infatti, i dirigenti del settore sportivo sopperivano alla mancanza di liquidità con la forza e la qualità dei rapporti personali”.

 

Nella storia recente del Catania abbiamo due esempi di procuratori diventati dirigenti: Pablo Cosentino e Vincenzo Grella. Al primo sappiamo come è finita, il secondo è molto criticato dalla piazza. Anche lei ha intenzione di fare la stessa strada?

 

“Per quanto riguarda il passaggio da procuratore sportivo a dirigente di una società sportiva, credo che non sia semplice. Per fare il procuratore occorre avere conoscenze personali specifiche nel settore sportivo e capacità di interazione interpersonali non comuni. Per quanto riguarda il ruolo da dirigente sportivo ed in particolare da amministratore di una società, le conoscenze devono essere molto più ampie. Perché si tratta di amministrare budget, di avere capacità di scelta e di gestione dei collaboratori. Serve essere bravi ad amministrare secondo specifiche conoscenze societarie e pertanto moltissimi ex procuratori falliscono per la mancanza di qualcuna di queste competenze e/o capacità. Personalmente ritengo di avere le conoscenze professionali e le capacità per poter continuare esperienze come quelle vissute al Catania”.

 

Abbiamo parlato del Catania e non posso esimermi da farle almeno una domanda. Le parole di Grella l’hanno convinta? Che idea si è fatto della situazione?

 

“Credo che le parole di Grella siano quelle che i presenti volevano sentirsi dire. C'è tantissimo da fare e di conseguenza ci vuole il tempo per pianificare ogni attività, soprattutto quella relativa alle strutture. L'idea che mi sono fatto è che la società abbia scelto di investire sin da subito tanto sulla parte sportiva, cercando di ottenere prima possibile il risultato sportivo più importante per la vita di una società come il Catania, ovvero la promozione. La riprova è stata il mercato di gennaio scorso, anche se ancora oggi se ne pagano le conseguenze e devo dire anche quello di questa estate con le note vicende che hanno portato alla penalizzazione. Certo anche le scelte tecniche di far partire Cicirelli (13 gol) e Cianci (9 gol) si sono rilevate sfortunate”. 

 

Ma quindi, quale potrebbe essere il problema?

 

“Il problema è che spendere tanto non è sinonimo di vittoria, ancora di più in serie C che è un campionato maledettamente difficile, vedi Monopoli e Cerignola. Dal punto di vista sportivo al Catania le cose non stanno andando bene e questo è sotto gli occhi di tutti, però...”

 

Quindi c’è un però?

 

“Però la società ha cominciato ad investire nel settore giovanile, sia nelle squadre che nella struttura di Nesima e questo è certamente un primo passo importantissimo. Ha anche avviato un interessantissimo progetto con le affiliazioni, magistralmente diretto da Coppola, ma…”.

 

Dal però passiamo al ma. 

 

“Il punto è: qual è il business Plan relativo alle strutture di questa società, cosa prevede nei prossimi anni, c'è un piano ben preciso di pianificazione per le strutture con il relativo budget dedicato? Queste sono domande a cui posso rispondere solo i protagonisti e nessun altro”.

 

Questo è ovvio, ma lei che farebbe?

 

“Faccio un esempio. L’Atalanta ha aumentato a 72 milioni di euro il capitale destinato alle strutture: credo che con le dovute proporzioni si debba fare lo stesso. Posso dire che la disponibilità economica dell'attuale proprietà può far ben sperare, ma dico pure che le energie vanno spese bene per evitare che la proprietà possa tirare le somme e non essere più disponibile ad esborsi così onerosi. Da sportivo e da tifoso non posso che essere fiducioso e sperare che dal campo arrivino i risultati che ci aspettiamo tutti”.