Una ventina di km separano Paternò e Catania. Senza traffico sulla ss 121 in poco meno di mezz’ora si può serenamente transitare da una città all’altra, ormai senza nemmeno accorgersene perché la città metropolitana sta inglobando tutto. Una distanza che, ogni giorno, tantissimi paternesi e tantissimi catanesi percorrono per questioni lavorative o familiari. Tra questi c’è anche il catanese Ivan Mazzamuto. Un catanese che, da qualche anno, ha riportato il calcio che conta a Paternò e che ci racconta la genesi di questa avventura.
“Tutto nasce, ovviamente, dalla mia passione per il calcio. La mia avventura da presidente inizia nel 2013 quando giocavo in 1° categoria nel Real Paternò e i miei compagni di squadra mi spinsero a prendere in mano la società per evitare di farla sparire. Così iniziò tutto, quasi per gioco. Poi, però, le cose per me si “complicarono”. L’anno successivo, infatti, inaspettatamente vincemmo il campionato, andando in Promozione. Una vittoria che arrivò in concomitanza con la mancata iscrizione del Paternò Calcio della presidentessa Stefania Amato. Così diventammo la prima squadra della città. Successivamente per volere dei tifosi cambiammo anche denominazione da Real Città di Paternò in Paternò Calcio.
Una storia romantica a cui va aggiunto che lei è, da sempre, tifoso del Catania.
“Sicuramente nel lontano gennaio 1994, quando assieme agli ultras del Catania mi recai al “Salinelle” ad assistere alla partita Paternò-Catania, non potevo assolutamente immaginare che un giorno quella squadra sarebbe diventata la mia squadra”
Torniamo al Paternò che, nella sua storia, ha visto anche la Serie C1. Cosa si aspetta lei e cosa si aspettano a Paternò dalla sua proprietà?
“Paternò è una delle piazze più affascinanti del calcio siciliano. Gli anni del professionismo hanno permesso alla città di far parlare di sé con tanti calciatori che hanno indossato questa importante maglia. In questi anni, io ed il mio staff siamo riusciti a riportare il Paternò in Serie D, proprio ad un passo dalla Serie C. Nessuno deve aspettarsi nulla dagli altri, ma sono sicuro di una cosa: se tutti uniti, società, amministrazione, imprenditoria, tifosi e appassionati sposassero un progetto comune si potrebbe costruire qualcosa di importante.
In particolare a cosa si riferisce?
“Credo che al di la degli investimenti privati sia essenziale avere la possibilità di avere delle strutture sportive adeguate per gli sportivi, per le famiglie e per i nostri giovani che devono avere il piacere di andare allo stadio come accade in tanti paesi siciliani perché la squadra della propria città ha un valore unico”.
Nella passata stagione la coppa Italia di Eccellenza è valsa la promozione in Serie D. Finite il 2024 al sesto posto insieme alla Nissa che ha speso decisamente più di voi. Bilancio assolutamente positivo?
“Siamo assolutamente soddisfatti del 2024. Il ritorno in Serie D, due Coppe nella nostra bacheca, una regionale ed una nazionale grazie alla quale indossiamo con orgoglio la coccarda tricolore. Anche questa prima parte di stagione ci ha regalato grandi emozioni e un’ottima posizione in classifica che vogliamo consolidare nel girone di ritorno. Questi risultati sia in campo che fuori, sono frutto del lavoro incessante di una società che da anni lavora compatta al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati. Nessuno di noi può dimenticare la retrocessione in Eccellenza, ma da quel momento siamo ripartititi più carichi che mai”.
Non ha mai nascosto il suo legale con Catania e con il Catania, tanto che è sempre presente al Massimino per le partite casalinghe. Che idea si è fatto delle difficoltà dei rossazzurri?
“Nascondere il mio legame con il Catania è impossibile. Sono nato e cresciuto a Cibali, dal balcone di casa vedevo i gradoni della Sud e dalla mia scuola la “Tribuna A”. Lo stadio rappresentava il centro del mio mondo, ed ogni pomeriggio lo trascorrevo li, con i signori Calanna e Russo (magazzinieri a quel tempo, ndr) a montare e smontare i tubi per l’irrigazione del prato per poi giocare sul campo dove la domenica scendevano in campo i miei beniamini, per cui potrei stare ore e ore e raccontare aneddoti e partite di ogni categoria”.
Ricordi a parte, dell’attuale situazione che pensa?
“Catania storicamente non è una piazza come le altre, ha un valore inestimabile per amore e passione che meriterebbe di vivere in Serie A, ma non lo scopro io. Da presidente del Paternò penso alle nostre difficoltà, ma per quanto riguarda il Catania vedo una società che ha riportato la Serie C e che lavora quotidianamente per costruire un club che torni a parlare di sé. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile. Io però rimango fiducioso, perché so bene che il loro obiettivo e lo stesso di tutti i catanesi, tornare nel calcio che conta”.
Ha mai pensato di diventare il presidente del Catania? E’ un’idea che le è mai balenata?
“Domanda carina, idea frizzante che non mi è mai passata per la testa. Tifare Catania certamente, forse da piccolo anche giocarci: chi non ha mai sognato di indossare questa maglia, lavorare ad una collaborazione tra i due club senz’altro così come stiamo facendo, ma diventarne presidente no. Difficile da immaginare”.